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DAVID BISBAL: “ARRIVAI AD ODIARE LA MUSICA” Dopo aver preso parte al “reencuentro” più atteso della storia della televisione spagnola,

l’almeriense ci presenta il suo nuovo disco e ci mostra il suo lato più umile e umano.

David Bisbal: un uomo che fa sospirare, che guarda negli occhi e che lascia senza parole. Come i grandi musicisti, ha saputo conquistare tutti e farsi un nome lontano dal suo paese. L’America Latina lo ha adottato e il Royal Albert Hall di Londra l’ha elevato a Dio dell’Olimpo, luogo in cui pochi artisti sono riusciti ad arrivare. E’ cresciuto con un microfono in mano e con l'ansia smisurata che qualche magnate musicale ascoltasse la sua voce in qualche fiera di paese.

La Orquesta Expresiones fu il suo punto di partenza e Operación Triunfo la sua salvezza. Due anni dopo il disco “Tú y Yo” ci presenta il suo sesto CD. Leggendo questa intervista potrete scoprire un David Bisbal molto umile e umano che mette a nudo la sua anima senza nascondere nessun sentimento.

D: Cosa rimane dell’ almeriense che dava calci all’aria ? (ricordando il suo famoso salto prima della vuelta che lo rese famoso nel mondo) 

R: Rimangono molte cose… tranne i calci [Risate]. E’ rimasto assolutamente tutto. Infatti, Almeria continua ad essere un talismano, la necessito e in questi ultimi anni ho potuto godere della mia terra come non facevo dall’adolescenza o quando lavoravo con la Orquestra Expresiones. Dell’ almeriense e di David rimane tutto, del calcio non più perché non ce la faccio… anche se potrei farla.

D: Furono tempi duri?

R: Molto duri. E’ stato un modo per rendermi più forte e che mi fece amare la musica in una maniera molto speciale, anche se, ad un certo punto, arrivai quasi ad odiarla. Ci furono momenti estremamente duri: lasciare la famiglia e passare tanto tempo fuori casa, iniziare a conoscere la tua voce e curarti come se fossi un atleta… tutto questo stanca, e molto.

D: Il momento peggiore?

R: Ci fu un periodo, in estate inoltrata, che dopo aver fatto cento concerti con l’orchestra, mi sentivo veramente male. Psicologicamente la mente gioca brutti scherzi e decisamente non è facile riuscire a stare in questo mondo senza patire mancanze e privazioni.

D: A cosa pensavi prima di entrare in un’accademia televisiva?

R: A qualcuno che mi desse un’opportunità, semplicemente a questo. Era molto difficile e sapevo perfettamente che rimanendo ad Almeria non avrei potuto farcela. Con l’orchestra sono stato in molti posti, ma non era sufficiente. Quando entrai nell’accademia di Operación Triunfo non volevo vincere. Se fossi rimasto tra i 3 finalisti sarei stato felice, perché avrei ottenuto un progetto musicale. Era l’unica cosa a cui pensavo.

D: Com’è stato uscire dal programma? I fan stancano?
R: E’ stato difficile, un cambio radicale. Da quel ragazzo che poteva uscire a prendersi una birra con gli amici, passai a lavorare costantemente. La gente mi salutava, la stampa aveva di me diverse opinioni e sembrava impazzita per me. 


D: Ti sentivi osservato? Vivevi con il pensiero di essere osservato?
R: Mi sono protetto molto sul lavoro. Il pensiero di ottenere questa sognata opportunità era talmente forte che iniziai da subito a formare il mio staff in autonomia, gente che non faceva parte della casa discografica. Avevo bisogno di qualcuno che mi consigliasse in campo professionale e personale. Non mi piaceva rivedere le interviste che mi facevano.

D: Era uno scudo per il male che sarebbe potuto arrivare?
R: Può essere. Non volevo che il successo mi cambiasse. Volevo solo essere concentrato sul lavoro. Ho scoperto l’industria musicale e compresi che l’artista che aveva un progetto musicale non saliva solo sul palco e cantava. Era molto di più. Ho dovuto apprendere come funzionava il lavoro di un dipendente: divenni uno di loro, cominciai ad assistere a riunioni di lavoro e di marketing, nella quale conobbi gente importante del panorama musicale, tutto ciò riuscì ad allontanarmi dalla stampa.


D: Ora ti sei ritrovato coi tuoi compagni di Operación Triunfo, com’è stato?
R: Fu una proposta di TVE. Ci dissero che sarebbe stato un incontro dopo 15 anni e mi sembrò una buona idea. E’ stato fantastico, anche se ho dovuto fare salti mortali perché coincideva con l’uscita del disco. Ho fatto tutto il possibile per esserci, perché mi faceva piacere.

D: L’abbraccio con Chenoa è stato “Trending Topic” su Twitter prima ancora che uscisse il documentario. Cosa pensi del polverone che si è alzato per questo abbraccio?
R: il “reencuentro” di OT è molto di più di un abbraccio con Laura. Fu un’immagine di una sequenza durante la quale mi alzo per abbracciare David Bustamante e dopo ho abbracciato anche Laura per spiegare alla gente che non c’è nessun problema.


D: Dopo cinque mesi rinchiuso, quale momento non dimenticherai mai?
R: Il momento in cui rividi i miei genitori dopo molto tempo rinchiuso nell’accademia. Li cercavo con lo sguardo e corsi ad abbracciarli.

 

D: Convivi da 15 anni con la musica. Quali sono i ricordi migliori? E quelli peggiori?
R: Il momento migliore fu quando registrai il progetto alla Royal Albert Hall di Londra, evento che mi permise di vedere che nella mia carriera musicale ho potuto dedicarmi pienamente a ciò che realmente mi appaga. Uno dei momenti peggiori è stato quando ho lavorato in altri paesi e non ho ottenuto nessun risultato. Totalmente frustrante.

D: Raccontaci come l’hai vissuto.
R: Ero molto nervoso. Lì hanno cantato molti grandi artisti, da Adele a Sting citando anche Bryan Adams. Il numero di fan che accorsero fu incredibile. Organizzammo un evento spettacolare e vennero fan club di paesi differenti. E’ stato con concerto molto bello e, per concludere in bellezza, ottenni la nomination per i Latin Grammy che, alla fine, vinsi.

D: Avra conosciuto centinaia di persone… di quali hai un ricordo più forte ?
R: Uff… ci sono molte persone importanti, come Narcis Rebollo (presidente della Universal Spain), Jesús López (appartenente alla Universal Latinoamérica)… Loro mi hanno dato i consigli migliori, così come mio fratello José María, all’inizio molto coinvolto. Parlando di artisti, posso parlare di Raphael o Juan Gabriel, che sono molto più di artisti. Sono stato fortunato.


D: Di tutti i premi e riconoscimenti ottenuti, quale ti ha fatto più piacere ricevere?
R: I più importanti sono quelli ottenuti nella mia terra [Premio de Almería]. Mi piacciono i riconoscimenti musicali, però che ti premino per qualcosa che non riguarda la musica è fantastico.

D: In innumerevoli occasioni ti abbiamo visto collaborare con Unicef, ed in "Hijos del mar" dedichi la canzone "Duele Demasiado" ai più di 250 milioni di bambini che patiscono le conseguenze di vivere in paesi con conflitti armati. Come ti sei avvicinato a questa causa ?
R: Mi viene la pelle d’oca a pensare che sono nati là, e con la sfortuna che ci sia anche un conflitto bellico. Per questo ho donato i diritti d’autore a Unicef. Alzerò sempre la voce per i bambini: già che non riusciamo a difenderli, almeno si meritano una vita degna e soddisfacente. 


D: Com’è David tra le pareti di casa sua?
R: Un ragazzo normale. La mia famiglia e i miei amici sono le cose più importanti. Se non ho il loro appoggio non posso lavorare. Sono coloro che mi danno la forza per salire sul palco, per farmi intervistare e per viaggiare.

D: Se dovessi avere invitati a cena, quale sarebbe il piatto forte?
R: Sashimi con vino bianco.


D: Della canzone “Mi princesa” si potrebbe dire che è una delle più speciali. E’ così?
R: Certo. Sai cosa mi ha detto mia figlia dopo un concerto?: “Hai detto che sono la tua principessa?”. E’ stato un momento incredibile.


D: E’ il regalo più bello che puoi lasciare a tua figlia Ella?
R: “Mi princesa” è molto speciale. A livello musicale è una canzone molto bella per Ella e chissà lo sia anche la nuova canzone, “Una Palabra”, però non è il regalo più bello che le posso lasciare; quello glielo lascerò col tempo: non posso pensare che la cosa più importante che lascerò a mia figlia sia una parte del mio lavoro. E’ vero che nasce da un sentimento, però lei si merita cose più importanti di una canzone. Quando si è padre si capisce che la tua vita non ti appartiene. Tutto ciò che faccio e penso è per quella piccola persona che cresce troppo in fretta.


D: Hai voglia di vederla già grande?
R: Certo. Ogni volta facciamo conversazioni sempre più interessanti e muori dalle risate perché si crede gtande.

 

D: Ti avrà già detto frasi dove tu avrai pensato: “MAMMA MIA!” …  Ti sorprende spesso?
R: Ce ne sono molte, ma ciò che mi ha più stupito è stato quest’estate. Si è arrabbiata con me perché mi dimenticai di portare la parte superiore del suo bikini e mi ha detto quasi piangendo: “Ti sei dimenticato la parte di sopra del bikini e mi si vedranno le tette!”.

D: Continui a non avere un buon rapporto con la fama? Cosa non sopporti?

R: La parola “famoso” non mi piace, è bruttissima. Viviamo in un mondo in cui l’opinione è libera, però c’è molta gente che cospira e inventa molte cose. Forse questo è il peggio, ma comunque io non ho nessun problema nel gestire la mia popolarità.

D: Ogni quanto torni ad Almeria?
R: Spessissimo. Infatti l’anno scorso mi sono fatto delle vacanze che non facevo da molto tempo. Erano 17 anni che non facevo una vacanza del genere e ad Almeria. D’estate di solito sono in tour; neanche quando lavoravo con l’orchestra e percorrevo tutta l’Andalusia riuscivo a rilassarmi a casa. L’anno scorso sono tornato ai miei 16 o 18 anni, quando ero completamente libero… Furono vacanze molto speciali.


D: Se non fossi diventato un cantante, cosa pensi che staresti oggi ?
R: Mi sarebbe piaciuto lavorare a contatto con la natura. Studiai per essere guardia forestale, però le mie intenzioni erano quelle di essere biologo marino.

27/11/2016

Articolo tradotto da Valentina de Luise per TeamdbItalia FC

Fonte: www.ar-revista.com

Editing e grafica: Doriana Dascoli

© 2014 TeamdbItaliaFC - Ravenna (RA) - Italia

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